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Lo psicologo penitenziario

Lo psicologo penitenziario

di Maria Laura Giampaglia - 14/03/2024 Contenuto revisionato dalla redazione clinica
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Lo psicologo penitenziario

Nelle istituzioni carcerarie, lo psicologo è una figura chiave nella complessa rete di trattamenti e interventi rivolti ai detenuti e al personale penitenziario.


La presenza di questo professionista è fondamentale per promuovere la riabilitazione e garantire la tutela del benessere psicologico in un contesto unico e complesso come quello detentivo. 


Chi è lo psicologo penitenziario


Lo psicologo penitenziario è un professionista abilitato e iscritto all’Ordine degli Psicologi della regione di appartenenza. L’ordinamento penitenziario prevede che negli istituti carcerari sia presente la figura dello psicologo, al quale spetta l’osservazione scientifica della personalità del detenuto volta a ipotizzare le carenze psicofisiche, sociali e affettive che hanno contribuito a condurre il soggetto a delinquere o compiere reati,  al fine di delineare il trattamento più consono per il soggetto.


Ricopre un ruolo fondamentale all’interno dell’istituzione, contribuendo sia a garantire il principio costituzionale fondamentale della pena detentiva come strumento di riabilitazione e di reinserimento in società, sia a permettere interventi di prevenzione, cura e sostegno del disagio psichico e sociale nonché a tutelare la salute mentale.


Gli obiettivi primari dell’intervento psicologico all’interno del carcere sono:


  • stimolare nei detenuti assunzione di responsabilità e un cambiamento funzionale che li guidi verso comportamenti e scelte volti alla ri-socializzazione e alla riduzione di possibili recidive
  • intercettare e prevenire rischi autolesivi e suicidari attraverso programmi e interventi riabilitativi e didattici
  • garantire supporto dedicato in specifiche situazioni, per esempio in caso di stati depressivi o di isolamento.

Lavorare come psicologo in carcere


Negli istituti penitenziari lo psicologo è chiamato a disegnare un progetto rieducativo personalizzato per il detenuto, il cosiddetto programma di trattamento.


È fondamentale che il clinico lavori sull’individuo che, prima di essere detenuto, è una persona complessa con la sua storia di vita: deve valutare la sua storia, la presenza di eventuali disturbi di personalità o sindromi e l’effettiva potenzialità di cambiamento.


L’obiettivo del programma di trattamento è infatti quello di consolidare e rinforzare - in alcuni casi costruire - durante il percorso riabilitativo le risorse interne del detenuto, che diventeranno gli strumenti da custodire nella “cassettina degli attrezzi” personale, da utilizzare poi durante il reinserimento.


Ron Lach - Pexels

Nel contesto penitenziario è possibile lavorare anche attraverso contratto di collaborazione aderendo a progetti istituiti dal Ministero della Giustizia. Nella mia esperienza professionale ho lavorato in uno di questi programmi in qualità di esperta psicologa nel progettoTrattamento intensificato degli autori di reati violenti contro le donne e di violenza intrafamiliare.


Finalità di questo progetto erano, in primis, il riconoscimento del reato messo in atto e l’assunzione di responsabilità da parte dell’autore. Inoltre è risultato indispensabile un lavoro clinico sui modelli relazionali di ogni detenuto coinvolto nel progetto, necessario per ridurre il rischio di recidive in analoghe dinamiche di violenza, una volta scontata la pena e reinserito nella società.


Lo psicologo nel carcere minorile


Anche nell’intervento coatto con i detenuti la scelta di strumenti specifici da utilizzare nel trattamento cambia a seconda dell’età del paziente.


Che si tratti di detenuti adulti o minori, è importante prevedere nel proprio lavoro la necessità di interfacciarsi con un gruppo interdisciplinare e integrare gli interventi


Proprio come per gli adulti, anche nel caso del lavoro con i minori sono previsti interventi di gruppo e interventi individuali di supporto psicologico per monitorare l’adattamento alla detenzione e promuovere la consapevolezza verso pattern disfunzionali e schemi maladattivi, come indicato in Interventi psicologici nei contesti detentivi per minori e adulti (Vegni E. et al., 2018, Sipsot Lombardia).


Etica, deontologia e difficoltà del lavoro in carcere


Per svolgere al meglio la professione di psicologo nei penitenziari, è importante considerare che ogni istituto ha le proprie peculiarità e un funzionamento specifico.


Tuttavia, in generale, nello svolgimento del proprio ruolo, lo psicologo che lavora in tale contesto ha il dovere di rispettare il cosiddetto “doppio mandato”, cioè si impegna a rispondere alle richieste istituzionali senza abbandonare il mandato deontologico di promozione della salute del paziente.


cottonbro studio - Pexels

In questo setting l’intervento dello psicologo è reso più complesso da possibili criticità provocate o esacerbate dalla detenzione, come indicato dal CNOP nel documento Elementi etici e deontologici per lo psicologo penitenziario:


  • il contesto può produrre e accrescere situazioni di disagio e degenerare in psicopatologie
  • il detenuto è un paziente che non ha scelto di essere tale, spesso vive l’intervento come coatto, per cui potrebbe agire resistenze, meccanismi di difesa, strategie di manipolazione e simulare aspetti patologici per ottenere un vantaggio
  • non sempre nelle carceri i diritti umani sono sufficientemente garantiti
  • le valutazioni dello psicologo hanno conseguenze molto importanti per i detenuti, contribuendo più o meno indirettamente alla loro libertà
  • sono necessarie competenze in ambito sociale e culturale per decodificare sistemi differenti dal proprio e offrire supporto anche a persone straniere
  • è importante mettere da parte la propria posizione morale rispetto al reato, anche nel caso in cui si provi forte disapprovazione verso di esso
  • è necessario sviluppare la capacità di confrontarsi con eventuali critiche in merito alle valutazioni dei detenuti.

Le attività operative dello psicologo penitenziario


Gli ambiti d’intervento degli psicologi penitenziari sono molteplici e riguardano non solo i detenuti, ma tutti gli attori coinvolti nell’istituzione.


Il CNOP, nel descrivere la figura dello psicologo penitenziario, identifica tra le sue principali funzioni: 


  • attività di assessment con la quale lo psicologo fornisce una valutazione di osservazione della personalità del detenuto, per individuare sia aspetti psichici e relazionali che possono aver portato alla trasgressione, sia eventuali sindromi di disadattamento carcerario
  • valutazione del pericolo di recidiva
  • valutazione dell’idoneità del detenuto per l’accesso a permessi premio e ad attività extra o intra-murarie
  • colloqui di supporto psicologico, sia individuali che di gruppo
  • prevenzione del rischio suicidario, autolesivo o eterolesivo
  • potenziamento delle risorse del detenuto grazie a programmi di sostegno psicosociale e di trattamento terapeutico, interventi riabilitativi e didattici
  • consulenza al personale penitenziario sia dal punto di vista formativo che di supporto psicologico
  • collaborazione con figure come avvocati, magistrati, mediatori culturali, agenti di polizia, volontari e operatori sanitari.

Contesti lavorativi e settori d'intervento


Nel contesto carcerario lo psicologo può entrare come esperto ex art.80 tramite bando pubblico: con tale inquadramento l’esperto lavorerà in equipe penitenziaria dando il suo contributo al Gruppo di Osservazione e Trattamento (G.O.T) composto da un educatore, da un rappresentante della polizia penitenziaria, dal direttore del carcere e da uno psicologo.


All’interno del gruppo, l’esperto psicologo ha il compito di valutare la pericolosità sociale del detenuto e di formulare un possibile programma di trattamento orientato al suo reinserimento.


cottobro studio - Pexels

Oltre che negli istituti detentivi, gli psicologi penitenziari possono operare con ruoli diversi anche in altri contesti:


  • nelle ASL che svolgono attività sanitarie in ambito penitenziario
  • nel Tribunale per i Minorenni come Giudici Onorari, consulenti esperti e componenti privati
  • nel Tribunale di Sorveglianza come esperti carcerari, in virtù dell’ex. art.80
  • nei Centri per la Giustizia Minorile (CGM) e negli Uffici di Servizio Sociale Minori (USSM) sempre come consulenti esperti.

Come diventare psicologo penitenziario


Per diventare psicologo penitenziario è richiesto il conseguimento della Laurea Magistrale in Psicologia (LM-51) e l’iscrizione all’Albo degli Psicologi nella sezione A, in modo da poter svolgere la libera professione.


Dato che le sue attività sono spesso interdisciplinari e che il suo ruolo ha un impatto non solo nella riabilitazione del detenuto, ma anche sulla tutela della comunità, è preferibile acquisire competenze trasversali che vanno dalla psicobiologia alla psicologia sociale e di comunità, passando per la psicometria, la sociologia e l’antropologia.


Si consiglia quindi di frequentare corsi di alta formazione o master in criminologia o psicologia giuridica, oppure di seguire una formazione mirata su norme e procedure nel sistema penale. Negli ultimi anni in alcune Università sono nati anche dei corsi di laurea in psicologia focalizzati sull’ambito giuridico, forense e criminologico.


Dal punto di vista dell’esperienza professionale, il suggerimento è quello di svolgere tirocini o consulenze in contesti educativi territoriali e comunità penali, o comunque nelle aree professionali inerenti la psicologia giuridica.


RIFERIMENTI NORMATIVI



SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI


  • De Risio A. et al., 2020, Manuale per l'intervento psicologico in ambito penitenziario. Modelli teorici e prassi operative, Alpes Italia, Roma
  • Bruni A., 2014, Psicologi "dietro" le sbarre. Appunti di psicologia penitenziaria, Simple, Macerata 
  • Marchetti C. et al., 2021, Lo psicologo in carcere. Riflessioni psicoanalitiche sulle dinamiche tra psicoterapeuti, pazienti e Istituzioni, Franco Angeli, Milano
  • Saita E., Sorge A., 2022, Psicologia penitenziaria, Vita e Pensiero, Milano.




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